FAQ
La legge 91 del 1999, al fine di favorire lo sviluppo delle donazioni e conseguentemente, dei trapianti d’organo ha introdotto in Italia il principio del silenzio-assenso. In base a questa norma, ogni cittadino maggiorenne è invitato ad esprimere in vita la sua volontà, positiva o negativa, al prelievo dei suoi organi dopo la morte ed egli viene contemporaneamente avvertito che, nel caso in cui non abbia rilasciato alcuna dichiarazione, la legge considererà il suo silenzio come assenso alla donazione degli organi.
Questa norma, comunque, non è ancora in vigore, mancando le condizioni per la sua applicabilità, per cui, attualmente il prelievo degli organi è possibile solo in caso di consenso esplicito, espresso in vita dal cittadino attraverso una dichiarazione scritta della propria volontà, conservata tra i documenti personali e/o registrata presso l’ASL di appartenenza. Se il cittadino non si esprime, la legge dà la possibilità ai suoi familiari di opporsi al prelievo. Attualmente possono verificarsi tre situazioni:
- Il cittadino ha espresso in vita la volontà positiva alla donazione: si procede al prelievo nel rispetto della volontà espressa dal dichiarante
- Il cittadino ha espresso volontà negativa alla donazione: in questo caso non c’è prelievo di organi
- Il cittadino non si espresso: in questo caso il prelievo è consentito se i familiari non si oppongono.
Una persona deceduta in una Terapia Intensiva per lesioni cerebrali irreversibili può diventare un donatore di organi.
Se ha già espresso in vita il proprio consenso alla donazione si rispetta la sua decisione. Se, invece, non ha manifestato esplicitamente la sua volontà, si chiede alla famiglia di esprimere il consenso.
Il consenso alla donazione d’organi è un atto d’amore che permette a persone in lista di attesa per un trapianto di riprendere una vita normale.
Nella “morte encefalica” tutte le cellule del cervello sono morte e la condizione è irreversibile.
Nel “ coma” vi sono cellule ancora vitali che mandano segnali rilevabili all’esame clinico ed elettroencefalografico; la persona è ancora viva nonostante la perdita di coscienza.
Lo stato di coma può evolvere verso la piena guarigione o verso una guarigione parziale con danni permanenti. Purtroppo in altri casi l’evoluzione è infausta e tutte le cellule muoiono verificandosi la morte cerebrale.
La morte encefalica è la perdita totale ed irreversibile delle funzioni cerebrali evidenziata da accertamenti clinici e strumentali. Secondo la legge 593 del 28.12.1993 questa condizione è la morte dell’individuo. In questo caso si ha:
- stato di incoscienza
- assenza di riflessi e di reazioni a stimoli dolorifici
- assenza di respiro spontaneo
- assenza di attività elettrica cerebrale documentata dall’elettroencefalogramma
Tutto ciò si può realizzare in un individuo ricoverato in un reparto di Terapia Intensiva.
La morte encefalica è la perdita totale ed irreversibile delle funzioni cerebrali evidenziata da accertamenti clinici e strumentali. Secondo la legge 593 del 28.12.1993 questa condizione è la morte dell’individuo. In questo caso si ha:
- stato di incoscienza
- assenza di riflessi e di reazioni a stimoli dolorifici
- assenza di respiro spontaneo
- assenza di attività elettrica cerebrale documentata dall’elettroencefalogramma
Tutto ciò si può realizzare in un individuo ricoverato in un reparto di Terapia Intensiva.
Gli organi prelevati da un donatore vengono assegnati a pazienti in lista d’attesa in base a compatibilità immunologiche e criteri clinici.
Gli organi e i tessuti che possono essere trapiantati sono: il cuore, il fegato, i reni, i polmoni, il pancreas, l’intestino, le cornee, le cellule, i segmenti ossei, le cartilagini, i segmenti vascolari, le valvole cardiache, la cute.
Il trapianto di cuore è la terapia consolidata per molte forme di cardiopatia allo stadio terminale, che non rispondono alla terapia medica. La sopravvivenza stimata di un paziente affetto da grave cardiopatia e non sottoposto a trapianto è stimata da sei a dodici mesi.
La maggior parte invece dei riceventi un trapianto di cuore raggiunge una sopravvivenza a lungo termine ed un recupero funzionale eccellenti.
Il trapianto di fegato è l’opzione terapeutica di scelta per le malattie epatiche allo stadio terminale, sia acute che croniche, per alcune malformazioni congenite ed alcuni tipi di tumori, con buona sopravvivenza a breve e lungo termine.
Il trapianto di rene è la terapia di scelta nella malattia renale cronica avanzata, nei pazienti idonei da un punto di vista clinico. Tale terapia migliora la qualità di vita di chi lo riceve e, negli ultimi anni, le nuove scoperte terapeutiche hanno consentito di migliorare la sopravvivenza del paziente e dell’organo trapiantato.
Il trapianto di polmone , singolo o bilaterale, è effettuato in Italia dagli anni ‘90 ed i risultati sono molto incoraggianti. In prospettiva costituirà il trattamento più indicato per i pazienti affetti da pneumopatie allo stadio terminale.
Il trapianto di pancreas e di isole pancreatiche è praticato dagli anni ’80 ed è indicato spesso in associazione al trapianto di rene per un selezionato gruppo di pazienti diabetici.
Il trapianto di intestino è indicato nei pazienti con grave insufficienza intestinale, quindi con impossibilità ad assorbire la gran parte dei nutrienti assunti con gli alimenti e che sopravvivono solo grazie alla nutrizione artificiale.
La cornea è un tessuto privo di vasi sanguigni e pertanto può essere prelevato anche a distanza di alcune ore dal decesso, persino al domicilio del donatore. Le cornee prelevate possono essere conservate per diversi giorni, consentendo la programmazione degli innesti nei pazienti con gravi patologie corneali.
Anche altri tessuti come segmenti di osso e segmenti vascolari possono essere prelevati a distanza di alcune ore dal decesso e poi conservati per il successivo innesto.
Il trapianto di un organo non guarisce, ma certamente consente una qualità di vita che nessun altro trattamento terapeutico può garantire.
Migliaia di persone nel mondo sono colpite da gravi malattie ad organi vitali (cuore, polmoni, fegato, pancreas, reni).
Molte, se non sottoposte a trapianto dell’organo ammalato ed ormai non più sufficiente a svolgere le propria funzione, saranno destinate a morire; per costoro il trapianto diventa sinonimo di vita.
Coloro che invece sono affetti da “insufficienza renale cronica terminale” dovranno legare la propria vita ad un “rene artificiale” che per almeno tre volte a settimana “depurerà “il proprio sangue e gli consentirà di sopravvivere.
Il trapianto quindi, se per alcuni rappresenta un’alternativa alla morte, per altri determina un miglioramento soggettivo della qualità di vita, interrompendo il trattamento dialitico, cioè la dipendenza da una macchina per vivere.
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Il trapianto di un organo è una terapia sostitutiva.
Quando in un soggetto un organo (per esempio cuore, polmoni, fegato, reni, pancreas) perde in maniera totale ed irreversibile la propria funzione a causa di una malattia, tale soggetto può essere sottoposto a trapianto dell’organo ammalato.
E’ necessario distinguere trapianti cosiddetti “salvavita”, come nel caso del fegato, talvolta del cuore e/o polmoni, in cui il soggetto se non trapiantato, è destinato a morire ed altri trapianti “non salvavita “, in cui sicuramente viene migliorata la qualità della vita.